L’emergenza abitativa in Trentino: richieste e proposte dello Sportello casa per tutt*

La mattina del 1 dicembre 2022 ha avuto luogo l’incontro tra lo Sportello Casa per tutt* e l’Assessora alla salute, alle politiche sociali, alla disabilità e famiglia Stefania Segnana, la presidente di ITEA Francesca Gerosa, il dirigente generale del Dipartimento salute e politiche sociali Giancarlo Ruscitti e la Dirigente del Servizio politiche della Casa Antonella Rovri.

L’incontro ha affrontato problematiche generali e alcuni casi specifici. Abbiamo preso atto dei provvedimenti posti in essere e annunciati da parte della Provincia Autonoma di Trento e dei suoi enti strumentali e sollevato diverse questioni. Da parte dell’Assessore e dei dirigenti vi è stata la disponibilità a prendere in esame tutti i casi di nuclei familiari in situazione di mancanza di alloggio, sfratto incombente o precarietà abitativa che segnaleremo loro, stilando un elenco che illustri brevemente i dati e la condizione abitativa delle persone in questione. Abbiamo inoltre lasciato loro una prima bozza di questo scritto che ora rendiamo pubblico rimaneggiato e ampliato sulla base di quanto discusso e appreso nel corso dell’incontro.

Consideriamo, innanzitutto, che l’incontro e l’attenzione accordatici siano indice di quanto il fenomeno trattato risulti centrale in questo momento e del fatto che la mobilitazione dei soggetti direttamente coinvolti sia stata capace di sancire la centralità di questo tema. Prendiamo quindi nota positivamente dell’attenzione dichiarata in merito alla risoluzione delle specifiche situazioni e al tema in generale.

Ribadiamo che in Trentino è in atto un’emergenza abitativa.

Parliamo di emergenza non solo per il tipo di situazioni segnalateci, per i dati del fenomeno, per le denunce da più parti sollevate, ma perché crediamo che il tema richieda un approccio complessivo e sistemico da parte di tutte le istituzioni che lo intrecciano, unito alla riflessione e all’azione dell’intera società trentina.

Ogni singola situazione di disagio abitativo o di mancanza di alloggio richiede pluralità di approcci e di azioni, mentre la risoluzione della problematica generale riguarda il piano delle decisioni politiche provinciali, comunali e di Comunità di valle; coinvolge un ente centrale come ITEA, ma anche i servizi sociali, il privato sociale, la Curia, le categorie economiche, il volontariato, le organizzazioni sindacali e l’autorganizzazione dal basso. Il tema interessa l’intera società e per questo chiediamo a tutte queste parti di prendere la parola nell’analisi, nella segnalazione delle problematiche e nella costruzione di soluzioni.

Chiediamo a tutti i soggetti che abbiamo nominato una riflessione collettiva e pubblica e per avviarla proponiamo questo testo. Il nostro punto di vista è quello “dal basso”. Nasce infatti dalle persone che hanno preso la parola nelle assemblee e nei presidi e mira ad arrivare a soluzioni concrete senza dimenticare la complessità di fondo e la necessità di una pluralità di azioni sui vari temi che ora andremo a toccare:

1) Gli sfratti da parte di Itea.

Il principio che gli alloggi assegnati d’urgenza non siano per sempre, applicato dalla dirigenza di ITEA, di per sé è corretto (tant’è che vi sono alcune famiglie che lamentano alloggi non propriamente adeguati alle loro esigenze assegnati d’urgenza e diventati poi definitivi). Tuttavia, riteniamo che questo principio stia venendo applicato in maniera rigida e senza la cooperazione di altri enti e istituzioni per la debita presa in carico del problema. Questo crea situazioni inumane e profondamente ingiuste. È il caso delle famiglie di Riva del Garda, sfrattate e costrette a dormire in macchina mentre il loro alloggio è rimasto vuoto (in un caso, da più di un anno).

Almeno un altro caso riguarda invece un anziano di 66 anni che rischia lo sfratto da una casa ITEA per aver superato di un punto l’ICEF previsto (0,34). Capita infatti che segnalazioni e procedure nei confronti degli inquilini, iniziate quando avevano meno di 65 anni (età oltre la quale non si può essere sfrattati da ITEA), siano rallentate in attesa di una possibile soluzione e si concludano quando la persona in questione ha più di 65 anni. Anche in questo caso il principio di partenza può essere corretto, ma il problema è l’applicazione. Un’applicazione che non può riguardare solo ITEA e non essere assunta come propria responsabilità da istituzioni ed enti presenti sul territorio.

Cosa rende un problema (e a volte un vero e proprio problema umanitario) lo sfratto in queste situazioni? In primo luogo il contesto, un contesto nel quale alcune realtà della nostra provincia (in primis l’Alto Garda e Trento) presentano prezzi di mercato sugli affitti ormai semplicemente improponibili per una famiglia numerosa a basso reddito (che vuol dire una famiglia di 5-6 persone, con due stipendi tra i 1.000 e i 1.500 euro). A Trento alcuni mesi fa la stampa stimava che l’affitto medio per 100 metri quadrati si aggirasse sui 700 euro, circa il 25% di un bilancio familiare medio1. Una rapida ricerca sulle piattaforme di annunci immobiliari, ora, mostra affitti che partono da 1.000 euro mensili per appartamenti di 100 mq. Più di una famiglia, infatti, ci ha segnalato di vivere in 50 metri quadrati pagando un affitto di 600/700 euro al mese. Nell’Alto Garda partiamo dai 1.200 euro in su. È difficile trovare alloggi a prezzi accessibili anche nei comuni immediatamente circostanti al capoluogo o all’Alto Garda. Inoltre, l’idea di spostarsi più “fuori” dalle realtà dove magari si ha il lavoro o dove si usufruiscono i servizi significa maggiori costi di trasporto a causa del costo della benzina o impossibilità di recarsi a lavoro a motivo della scarsezza di trasporti pubblici.

Certamente non pensiamo che negli alloggi ITEA “chi è dentro è dentro” (perché vorrebbe dire “chi è fuori è fuori”): abbiamo sempre cercato di unire la lotta di chi un alloggio pubblico lo aspetta con quella di chi rischia di perdere quello che ha.

Noi ci opponiamo agli sfratti senza alternative dignitose; questo rappresenta un punto dirimente che però non vuole essere un facile slogan, ma la mentalità da cui partire. Chiediamo una moratoria sugli sfratti ITEA non perché rimangano invariate le situazioni attuali, ma perché occorre elaborare un metodo per evitare che una famiglia che non ha più diritto all’alloggio pubblico che occupa al momento si ritrovi in macchina, separata o in condizioni abitative insalubri o precarie.

Questo metodo può essere trovato solo facendo riferimento alla finalità sociale di ITEA e quindi alla necessità di un suo migliore raccordo con i servizi sociali, gli enti locali nel loro complesso, la Curia e il privato sociale. Crediamo siano necessari veri organismi territoriali di raccordo tra queste realtà, che consentano loro di assumersi insieme la responsabilità di costruire soluzioni dignitose su ogni singolo caso. Non è più possibile procedere per semplici automatismi e neppure a compartimenti stagni; crediamo sia necessario il coordinamento tra enti diversi nelle diverse realtà e che essi agiscano nell’ottica della centralità del caso trattato al fine di evitare che si ripropongano le dinamiche e le situazioni che constatiamo ora.

Dal punto di vista degli strumenti pratici, durante l’incontro abbiamo accolto positivamente la notizia che la Provincia ha richiesto il censimento degli immobili inutilizzati di proprietà dei comuni; crediamo che quelli eventualmente a disposizione potrebbero diventare degli utili strumenti per quelle forme di coordinamento che proponiamo più sopra. Inoltre crediamo necessario anche continuare a finanziare il Fondo Housing Sociale Trentino per aumentare l’offerta di alloggi e servizi abitativi a prezzi più contenuti rispetto al mercato (circa il 30% in meno).

2) Morosità e separazione dei nuclei familiari

Mancano nella nostra provincia due strumenti necessari a rassicurare sia gli inquilini in difficoltà che i proprietari di alloggi, tutelando i diritti di entrambe le parti: 1. un fondo di sostegno per le famiglie che si trovano in una situazione di morosità incolpevole, 2. linee guida in caso di sfratti per morosità o finita locazione di nuclei familiari con anziani, disabili e minori.

Ci è stato fatto notare nel corso dell’incontro che i dati raccolti presso i servizi sociali da parte della provincia segnalano come prossima allo 0 la presenza di nuclei familiari in condizione di morosità incolpevole. Facciamo però notare i dati sul numero di sfratti da inizio dell’anno riportati sui giornali: nei primi 7 mesi del 2022 si sono registrate in Trentino 202 richieste di sfratto, più delle 177 dell’intero 20212.

Occorrerebbe a questo punto una lunga riflessione su quale morosità è o meno “incolpevole”, ma, restando sul pratico, pensiamo che prevedere un fondo per la morosità incolpevole, almeno per i nuclei con minori, disabili o anziani, rappresenterebbe un incentivo per chi affitta a queste tipologie di inquilini, perché garantirebbe che l’affitto sia pagato nei mesi che occorrono ad una famiglia per potersi rimettere nella condizione di pagare regolarmente o di ricevere l’assegnazione d’urgenza di un alloggio ITEA, introducendo elementi di certezza a tutte le parti coinvolte. Siamo consapevoli che si tratterebbe di un nuovo capitolo di spesa per la Provincia ma chiediamo di prendere in considerazione l’idea valutando anche la sua efficacia “psicologica” nel contesto sociale, cioè valutando anche la sua natura di eventuale incentivo all’affitto di immobili a famiglie con minori, disabili e anziani.

Abbiamo inoltre riportato il fatto che nuclei familiari che (per qualunque motivo) rimangono privi di alloggio vanno incontro alla separazione o quantomeno gli viene paventata: le donne con figli/e minorenni vengono infatti accolte presso strutture mamma-bambino o in ostelli mentre gli altri componenti del nucleo sono lasciati in strada.

Ci è stato risposto che questo non risulta dai dati forniti dai Servizi Sociali alla Provincia, secondo cui i nuclei separati per mancanza di alloggio non sono stati più di due.

Dissentiamo e facciamo notare che solo nell’ultimo anno numerosi nuclei familiari si sono rivolti a noi riportando di essersi sentiti dire che la separazione era l’unica alternativa al finire tutti in strada; questa “soluzione” è stata riferita anche a noi accompagnando le famiglie che abbiamo seguito presso i servizi sociali. Di fatto, se un nucleo familiare non ha un alloggio o non riesce a pagarsi o a trovare posto in un residence non vi è alternativa alla separazione. Questo spinge le famiglie a non chiedere aiuto, a lasciare la provincia disperdendosi magari tra amici e parenti o ad accettare condizioni abitative precarie o insalubri a caro prezzo. Temiamo che il messaggio lanciato alle famiglie di vedere il proprio nucleo diviso perché “colpevoli” di essere povere, sfruttate lavorativamente e discriminate sul libero mercato immobiliare abbia ripercussioni devastanti. Riportiamo il caso di una famiglia che è stata separata per oltre tre mesi (e poi finalmente ricongiunta nell’Ostello di Trento).

Il punto è proprio la mancanza di norme e prassi codificate che sanciscano la non divisibilità di un nucleo familiare per motivi economici in assenza di gravi ragioni al suo interno che lo richiedano e quindi garantire che esso sarà ospitato insieme qualora si dovesse ricorrere a soluzioni temporanee come ostelli o residence.

Chiediamo quindi che si stendano delle linee guida sulle azioni da intraprendere da parte dei servizi pubblici in generale e dei servizi sociali in particolare in caso di sfratto, fine di un contratto di locazione o situazioni affini di una famiglia con minori, disabili o anziani, che stabiliscano proprio questo. Non si tratterebbe, in questo caso, neppure di aprire un nuovo capitolo di spesa, ma di un lievissimo aumento di quelle già in essere. In compenso darebbe a tutti e tutte la certezza che un problema economico non si trasformerà nella divisione della propria famiglia. Una dinamica che non potrà che risultare rassicurante dal punto di vista sociale per tutte le parti in causa e crediamo consentirebbe ai decisori politico/amministrativi ai vari livelli di vedere il problema nella sua interezza.

3) Aumentare il numero di alloggi Itea a disposizione

Al 3 agosto risultavano sfitti 1.215 alloggi ITEA, di questi 718 lo erano già due anni fa stando al bilancio sociale Itea 2020 (precedente all’attuale gestione). Lo stesso bilancio sociale (p.70) stimava pari a 400 annui le capacità della società di produrre alloggi che però è stata gravemente ridotta durante la pandemia.

Prendiamo nota positivamente del fatto che nel 2022 si siano prodotti 300 alloggi ITEA, segnando un’uscita dai rallentamenti dovuti alla pandemia, e dello stanziamento di 7 milioni di euro operato dall’assessorato per sostenere l’edilizia pubblica. Tuttavia, chiediamo di fare di più.

L’obiettivo che proponiamo per far fronte alla situazione di emergenza in cui ci troviamo è una produzione di alloggi in linea con quella del 2016, quando ne furono resi disponibili 642 (p.47 del bilancio sociale 2020). Ovvero riteniamo che nell’attuale fase l’obiettivo di mettere a disposizione nel 2023 6-700 alloggi Itea sia una necessità vitale, il minimo che si debba fare per alleviare una situazione sociale difficilissima e contenere il caro affitti.

Siamo consci delle difficoltà economiche e organizzative complessive di questa difficile congiuntura. E proprio per questo chiediamo che lo sforzo di ITEA sia sostenuto da una mobilitazione emergenziale del personale di Provincia, enti locali e dal volontariato. Riteniamo possa essere realistico che, con lo stanziamento deciso dalla giunta, ITEA possa produrre nel 2023 i 400 alloggi che nel 2020 erano indicati come produzione annua media. Il personale di ITEA con il supporto di Provincia ed Enti locali potrebbe individuare altri 2-300 alloggi che richiedono interventi più leggeri, che è possibile svolgere coordinando gli sforzi del volontariato. Occorre per prima cosa in ogni caso una lista pubblica degli alloggi sfitti con l’elenco dei lavori necessari a ciascuno di essi, al fine di programmare e realizzare uno sforzo sociale collettivo.

Magari si rivelerà un obiettivo troppo ambizioso, ma, al netto di tutto, anche se si riuscissero a recuperare solo 20-30 appartamenti all’anno in questo modo, ciò rappresenterebbe un sollievo per altrettante famiglie/singoli. Insomma, non vediamo controindicazioni nell’attivarsi anche in questa direzione.

Se invece il progetto desse i risultati sperati, potrebbe essere ripetuto negli anni successivi mantenendo un’ampia rigenerazione di alloggi pubblici; è possibile infatti prevedere che per i prossimi 10-15 anni vi sarà una ingente quantità di appartamenti riconsegnati, in quanto stando al bilancio sociale 2020 circa il 20% degli inquilini e inquiline ITEA è sopra i 65 anni e progressivamente (essendo l’attesa di vita media sugli 82-83 anni) una parte consistente degli alloggi da essi occupati si renderà disponibile.

Crediamo poi sia necessario dare effettiva pari opportunità a cittadini comunitari e cittadini extra-comunitari per le assegnazioni di alloggi di edilizia pubblica. Crediamo che l’assegnazione sottodimensionata per quanto riguarda i cittadini extracomunitari presenti sul nostro territorio da diversi anni aumenti la situazione emergenziale abitativa caratteristica del periodo attuale.

Ricordiamo che nel 2018 l’ultimo Rapporto immigrazione in Trentino pubblicato scriveva a pag.73

«Tale esigenza [di una sistemazione abitativa] si concentra principalmente sul mercato delle case in affitto, che interessa almeno il 75% degli stranieri, e una porzione molto più bassa (20-25%) di residenti italiani, vista l’elevata incidenza della casa di proprietà nella popolazione nativa».

Secondo il Bilancio sociale Itea del 2020 (pag.21) appena il 6% degli inquilini dell’edilizia pubblica trentina era formato da cittadini extracomunitari, dato in linea con le cifre del 2017 (riportate nel Rapporto immigrazione in Trentino). Poniamo pertanto la domanda se l’esistenza di una doppia graduatoria per cittadini comunitari ed extracomunitari non produca (come ci è stato riferito per osservazione empirica) ad un rallentamento nelle assegnazioni alla seconda categoria, indipendentemente dai requisiti fissati dal regolamento Itea (rivisto nel 2020). Occorrerebbe pertanto indagare non se i requisiti fissati siano discriminatori o meno, ma se una delle due graduatorie “scorra” o meno più lentamente dell’altra come è stato riferito a noi.

Un altro tema sul quale ci siamo brevemente soffermati nel corso dell’incontro e che vorremmo qui più ampiamente sviluppare è quello del contributo integrativo all’affitto sul libero mercato erogato dalla Provincia. Senza dubbio si tratta di un importante aiuto per migliaia di famiglie e salutiamo con favore lo stanziamento aggiuntivo di un milione di euro approvato in Consiglio provinciale. Facciamo però notare come esso rimanga ad oggi sui 300 euro al mese, mentre i prezzi degli affitti hanno subito nell’ultimo anno aumenti notevoli.

Inoltre vi è un problema nelle concrete possibilità di accesso a questa misura, prevista solo per chi ha già in essere regolari contratti di affitto 3+2 o 4+4. Tuttavia, empiricamente abbiamo notato un incremento delle stipule di contratti transitori di un anno, che escludono quindi gli inquilini dalla possibilità di ricevere questa forma di sostegno mentre comportano un minor carico fiscali per i locatori. Ora, i contratti di questo tipo dovrebbero essere per l’appunto riservati a specifiche situazioni di natura transitoria, oltre le quali diventano una vera e propria forma di elusione fiscale e una lesione dei diritti degli inquilini. Riteniamo pertanto importante un monitoraggio del fenomeno e una concreta azione di sanzione dello stesso.

Crediamo inoltre sia opportuno trasformare il contributo integrativo all’affitto in una garanzia a priori, concedendo di poter presentare domanda per lo stesso anche a coloro che non hanno ancora stipulato un contratto ma che risultano idonei all’assegnazione sulla base dell’indicatore Icef. Riteniamo che il riconoscimento ufficiale che il nucleo familiare in questione è qualificato a ricevere il contributo possa essere un incentivo per stipulare affitti a famiglie con bambini, anziani e disabili al proprio interno. Il contributo potrà poi essere erogato dal momento in cui un contratto sarà effettivamente stipulato.

4) Le bollette degli alloggi Itea

La scelta della dirigenza ITEA, annunciata dalla Presidente Gerosa nella sua intervista a il «T Quotidiano» del 24.11.2022, di rateizzare la spesa degli inquilini per bollette e spese condominiali eccedente rispetto allo scorso anno, in modo da non dover procedere a sfratti e non lasciare al freddo nessuno è un positivo primo passo.

Ma poniamo la questione nel lungo periodo. Non si può pensare che una famiglia che ha un reddito di 12.000 euro l’anno circa ne spenda almeno 6.000 per le utenze e le spese condominiali (le cifre sono esemplificative ma ispirate a situazioni reali e sostanzialmente ottimistiche). Limitarsi alla sola rateizzazione vorrebbe dire condannare queste famiglie ad anni e anni di debiti da cui non potranno mai risollevarsi e che in alcuni casi finiranno per pesare come macigni su progetti di vita che consentirebbero di ottenere un titolo di studio per i figli e le figlie, avviare un’attività, comprare l’auto necessaria a recarsi al lavoro o semplicemente passare una vecchiaia serena o potersi permettere le spese mediche adeguate.

Inoltre queste spese nascono anche da mancate manutenzioni o investimenti nell’efficientamento energetico compiute dalle passate amministrazioni di ITEA, nonché dalle scelte degli amministratori condominiali privati (questo è stato lamentato, insieme all’assenza di contatori per i diversi alloggi, in diverse assemblee degli inquilini). Pertanto è ingiusto scaricarle sugli inquilini e sulle inquiline ITEA.

Crediamo occorra lo stanziamento di un fondo straordinario da parte della Provincia che consenta agli inquilini e alle inquiline Itea di pagare in definitiva un importo simile a quello dello scorso anno. Anche questo pagamento straordinario da parte della Provincia potrebbe essere fatto poco alla volta, approfittando della rateizzazione accordata agli inquilini per provvedervi gradualmente, ma va messo in previsione, anche se poi si riesce a realizzarlo poco alla volta. È necessario farlo se vogliamo evitare una catastrofe sociale che ridurrebbe alla disperazione migliaia di famiglie con ricadute devastanti sulla loro salute, possibilità di elevazione sociale e probabilmente su tutto il sistema del welfare e del volontariato trentino.

5) Affitti a canone concordato, inclusione e alloggi senza abitabilità

Crediamo sia necessario affrontare il fenomeno delle locazioni a scopo turistico. Limiti legali alla loro presenza sono già fissati nella nostra Provincia ma oggi sono facilmente aggirabili (come si è visto dall’inchiesta condotta quest’estate in Alto Garda) grazie al ricorso a piattaforme online. Questo ha portato alla crescita esponenziale dei prezzi degli alloggi e la drastica diminuzione degli immobili adibiti a scopo abitativo.

Per questo chiediamo di assumere come orientamento complessivo l’idea che qualunque sgravio dell’Imis debba andare a vantaggio solo di chi affitta e lo fa a canone concordato (i cui massimali rimangono decisamente troppo alti), su tutto il territorio provinciale. Si tratta di percorrere la stessa strada già tracciata dal Comune di Trento un mese fa e in questi giorni da quello di Arco. Naturalmente la decisione spetta ai comuni, e noi qui vorremmo sollevare il tema proprio come indirizzo politico complessivo nel dibattito pubblico.

Un altro incentivo all’affitto potrebbe essere l’estensione del progetto Casa per tutti già messo in essere da Atas a Rovereto, che prevede il sostegno del volontariato e del privato sociale nell’intermediazione tra affittuari e inquilini stranieri. I giornali hanno riportato la notizia che si starebbe studiando l’estensione di questa esperienza anche a Trento. Crediamo lo si potrebbe accompagnare con l’esclusione dagli sgravi Imis di quei proprietari che attuano o chiedono alle agenzie di attuare una discriminazione sulla base della provenienza nella scelta degli inquilini.

Una misura a sostegno anche dei proprietari e complementare con la decisione della giunta di stanziare fondi per il ripopolamento dei piccoli comuni montani potrebbe essere uno sforzo straordinario della provincia per la messa a norma delle tante case che oggi non hanno l’abitabilità a causa di modifiche alle stesse sopravvenute nel corso del tempo e non registrati al catasto. A causa della condizione di sofferenza degli uffici tecnici comunali oggi occorrono mesi (o anche un anno) per avere una risposta in merito alle modifiche catastali che si chiede di recepire. In questo modo molti alloggi privi di abitabilità non sono vendibili né affittabili (non ci si può mettere la residenza o fare un mutuo che li riguardi). Pertanto l’Imis di quegli alloggi finisce per pesare sulle tasche dei proprietari ed essi rimangono vuoti mentre sarebbero, in termini di prezzo, assai accessibili sia per la vendita che per l’affitto.

Si potrebbe ipotizzare pertanto che la provincia supporti con una parte del proprio personale i comuni con lo scopo di snellire queste pratiche e far sì che i rallentamenti burocratici siano risolti.

6) Un ostello per lavoratori/lavoratrici senza tetto

Ribadiamo infine, anche in questa sede, la proposta più volte avanzata dall’Assemblea Antirazzista di adibire uno dei tanti palazzi vuoti di proprietà della Provincia ad ostello per tutti quei lavoratori e lavoratrici che non trovano una casa in affitto ma che potrebbero pagare un posto letto a prezzi calmierati e che ora pesano sui servizi di bassa soglia, pur contribuendo all’economia del nostro territorio.

In conclusione

Ribadiamo l’invito rivolto a tutta la società trentina a prendere la parola nella ricerca di soluzioni. Speriamo di aver contribuito con questo testo ad un dibattito franco, approfondito e costruttivo. Non edulcoriamo nessuno dei problemi da noi segnalati, né abdichiamo al nostro ruolo conflittuale; prendiamo atto, in totale buona fede, dell’interesse al tema da parte di chi ha responsabilità amministrative e gestionali. Siamo stati lieti e liete di imparare cose che chi amministra sa e noi non sapevamo, speriamo che l’incontro e questo testo aiutino invece chi amministra ai diversi livelli a conoscere ciò che noi a nostra volta abbiamo imparato da chi si ritrova sotto sfratto, da chi ha dormito in un garage mentre sua moglie e i suoi figli erano ospitati in ostello, da chi dorme in macchina, da chi si ritrova in coda ai servizi sociali o scorre con ansia la graduatoria ITEA cercando la propria posizione.

In particolare ci teniamo a ribadire tre punti fondamentali:

  1. la consapevolezza che quella abitativa è un’emergenza che non può essere scaricata solo sulle persone colpite e neppure su una singola istituzione o ente, che richiede soluzioni complesse e articolate su più livelli.
  2. la consapevolezza di quanto sia ingarbugliato un sistema di welfare che vede l’azione di una pluralità di soggetti, su mandato di istituzioni e decisori politico/amministrativi diversi, di come sia praticamente impossibile per chi ne ha bisogno riuscire ad orientarsi al suo interno e di come esso stesso spesso lavori per automatismi e compartimenti stagni, finendo per mancare di linee guida e strumenti di coordinamento che ne rendano intelligibile e rassicurante l’azione.
  3. la necessità di uno sforzo collettivo nell’analisi e nell’azione che riguarda tutta la società trentina. Non si risolverà mai il problema nella sua interezza se si continua semplicemente a pensare che di una situazione tanto complessa debba farsi carico una sola istituzione, un solo ente o una sola figura.

Lo ripetiamo nuovamente, chiediamo una presa di parola collettiva, finalizzata all’individuazione di soluzioni, da parte dei vari livelli degli enti locali, del privato sociale, della Curia, delle organizzazioni sindacali e categorie professionali, del volontariato. Proponiamo di partire da questo testo. Speriamo, sia a livello di soluzione concreta dei singoli casi che nell’elaborazione complessiva, di poter comprendere sempre di più la situazione e contribuire ad individuare soluzioni praticabili in tempi rapidi e a lungo termine.

Crediamo che l’autonomia e il riscatto delle classi lavoratrici passino per il conflitto, per la presa di parola in prima persona. E nel contempo dalla loro capacità di stare nella complessità e costruire soluzioni concrete partendo da essa, confrontandosi con chiunque sia interessato e abbia parte nelle questioni trattate. E crediamo che un futuro per l’autonomia trentina ci sarà solo se la società che ne è alla base oggi saprà svolgere un ragionamento collettivo, un ragionamento comunitario, e quindi capace di trascendere le dicotomie privato/pubblico, amministratori/amministrati, capace di impostare una soluzione di sistema ad un’emergenza che ora pesa come un macigno non solo su molte famiglie, ma sulla stabilità sociale e sulla capacità attrattiva dell’intero territorio.

Sportello casa per tutt*

1 Daniele Battistel. A Trento l’affitto di casa si porta via più di un quarto del budget di una famiglia. “Economia & Innovazione”. Inserto settimanale a “L’Adige” del 13-19 ottobre.

2 Tommaso di Giannantonio. Sfratti record: in 7 mesi già superato il 2021. Il T quotidiano. 10 novembre 2022.