TAV/TAC, la necessità di una lotta e di un nuovo paradigma per il Trentino

Il testo di adesione del Centro Sociale Bruno alla mobilitazione No Tav che ci sarà sabato 2 aprile a Trento. 

Una protesta, che sta assumendo sempre più un carattere cittadino, che nasce dal timore di gravi danni alla salute a causa dei lavori che si svolgeranno nei terreni contaminati dell’ex-SLOI, dal rifiuto degli espropri di terreni e case, dalla valutazione dei rischi per le falde acquifere, dalla prospettiva dei disagi per la popolazione dovuti sia ai lavori che al transito dei treni.

In seguito il comunicato.

Quella che doveva essere la marcia trionfale del TAC/TAV in Trentino sta andando a sbattere contro una serie di ostacoli facilmente prevedibili ma che sembrano cogliere di sorpresa i promotori dell’opera.

Innanzitutto si è visto il sorgere di una protesta cittadina che solo attraverso le lenti dell’ideologia la si può ritenere espressione unicamente di settori «marginali» o «estremisti» della popolazione. Una protesta che nasce dal timore di gravi danni alla salute a causa dei lavori che si svolgeranno nei terreni contaminati dell’ex-SLOI, dal rifiuto degli espropri di terreni e case, dalla valutazione dei rischi per le falde acquifere, dalla prospettiva dei disagi per la popolazione dovuti sia ai lavori che al transito dei treni.

Nelle ultime settimane poi si è avuto uno stillicidio di notizie che sono state altrettante picconate inferte alla narrazione trionfale di un’opera «inarrestabile».

Il 26 febbraio L’Adige riportava che la giunta provinciale non aveva espresso parere favorevole rispetto al progetto di circonvallazione ferroviaria presentato da Rete Ferroviaria Italiana, la delibera afferma infatti che la documentazione depositata presenta 

«carenze documentali e lacune nell’analisi ambientale che non ha consentito di raggiungere in maniera definitiva una valutazione ambientale favorevole». 

Il 12 marzo sempre  L’Adige riportava che la Commissione tecnica Pnrr-Pniec, del Ministero della transizione ecologica, ha chiesto anch’essa integrazioni al progetto che diano garanzia di evitare un aumento dei livelli di inquinamento, soprattutto delle falde acquifere, oltre a nuove misurazioni sulle vibrazioni causate dal passaggio dei treni e dai cantieri.

Il 15 marzo il quotidiano dava notizia che la Procura della Repubblica di Trento ha disposto un’indagine conoscitiva dopo un esposto di cittadini e associazioni che chiedeva il sequestro delle acque inquinate della ex-SLOI.

In sostanza la giunta provinciale, la Commissione tecnica Pnrr-Pniec, e la Procura della Repubblica dicono che vi sono criticità da chiarire nel progetto di circonvallazione ferroviaria elaborato da Rete Ferroviaria Italiana. Un progetto che però era stato approvato senza problemi dalla giunta e dal consiglio municipale di Trento il 23 febbraio 2022 limitandosi a dare «diverse indicazioni e rilevano alcune criticità, tra cui la questione delle aree inquinate di Trento nord», come riporta L’Adige del 24 febbraio.

Insomma siamo all’assurdo, in una situazione normale avrebbe dovuto essere per prima la giunta comunale, anche sulla spinta delle perplessità espresse da molti e molte abitanti di Trento nel dibattito pubblico, a non approvare il progetto in assenza di integrazioni e indagini approfondite rispetto alle «criticità». Non occorreva essere No Tav per farlo, bastava un po’ di buon senso pratico. Invece l’amministrazione municipale sconta un approccio dettato dal sindaco e dall’assessore Facchin che è ispirato a quello che abbiamo già definito «massimalismo tecnocratico-sviluppista fuori tempo massimo», un atteggiamento che inevitabilmente non può che creare giusta apprensione nella cittadinanza.

Apprensione tanto più giustificata dal fatto che ormai è noto anche ai bambini che attorno alle «grandi opere» fiorisce tutto un sottobosco imprenditoriale/mafioso che è già presente anche nella nostra provincia. Il 18 febbraio 2022 è stato reso noto che i carabinieri del N.O.E. hanno sequestrato un impianto di recupero e denunciato i titolari per traffico illecito di rifiuti.

«Secondo quanto ricostruito dai militari e dagli ispettori di Appa, i responsabili delle società, tutti indagati per attività organizzate per traffico illecito di rifiuti aggravate, avrebbero smaltito illecitamente ingenti quantitativi di rifiuti stimati in circa 400mila tonnellate negli ultimi tre anni, parte dei quali provenienti anche dai lavori per la realizzazione del collegamento tra la galleria di Base del Brennero e la stazione centrale di Innsbruck, in bonifiche agrarie della Val di Non, aree di pregio che in futuro sarebbero state destinate alla produzione agricola e alimentare».

Ma al di là di questa diffusa e giusta apprensione in merito al progetto della circonvallazione ferroviaria, ciò che vorremmo introdurre in questo testo è un ragionamento di più largo respiro. Crediamo che il problema di fondo del dibattito trentino odierno sia che si parla del Bypass ferroviario, della circonvallazione e del progetto di TAC/TAV senza porli in un contesto, senza fare una riflessione generale sul modello di sviluppo che vogliamo perseguire. Il problema è che si parla di «grandi opere» come se potessero sostituire le scelte politiche complessive.

Sappiamo benissimo che Trento si trova sull’asse del Brennero, sappiamo che si tratta di un corridoio fondamentale per il passaggio di merci e persone in Europa, e sappiamo anche che intorno alla sua gestione, intorno alle decisioni e alle realizzazioni che questa comporterà ruota buona parte del futuro del Trentino. La gestione dell’asse del Brennero va quindi inserito in un discorso complesso, che provi ad immaginare come sarà il Trentino tra qualche decennio, che provi a tracciare un paradigma di sviluppo, di gestione del territorio, di società, di rapporto con la natura e con tutte le diverse forme di vita. Ed è proprio questo che manca e manca soprattutto nel discorso delle classi dirigenti trentine.

La linea TAC/TAV viene presentata di per sé come la soluzione, come lo strumento che consentirà di spostare le merci dall’autostrada alla ferrovia. Ora  il problema politico che balza agli occhi è innanzitutto una questione di metodo: credere che la «grande opera» da sola abbia poteri taumaturgici tali da cambiare radicalmente i trasporti nella nostra regione. Questo vuol dire sostituire la politica con l’ingegneria. 

Si può sapere quanto traffico merci e persone contate di passare da gomma a rotaia? Entro quando? Quali decisioni politiche (ad esempio divieto di transito per i TIR o aumento dei pedaggi in A22) intendete mettere in campo per essere sicuri che questo passaggio avvenga? 

Nel 2009 Raffaele Del Col, dirigente generale del dipartimento infrastrutture della Provincia Autonoma di Trento affermò, nel corso di una conferenza di informazione dedicata dal Consiglio provinciale alla linea ad alta capacità/velocità Brennero-Verona 

«Oggi abbiamo 130 treni merci al giorno con 13.500 mezzi pesanti sulla A22. L’obiettivo del piano di azione del Brennero approvato nel maggio scorso a Roma è il trasferimento di 3.000 mezzi pesanti al giorno dalla strada alla ferrovia. Senza tunnel di base e raddoppio della ferrovia passeremmo a 17-20 mila mezzi pesanti, contro gli 11.700 circa che avremmo invece a opera realizzata». 

Gli ha risposto Lothar Gamper, ricercatore presso l’università di Innsbruck: 

«L’esperienza di altri Paesi in cui sono state realizzate queste linee ferroviarie Tac/Tav documenta che non si è raggiunto l’obiettivo principale del trasferimento del traffico pesante dalle strade alla rotaia. Tra le alternative segnalate dal ricercatore per ridurre il trasporto merci sulla A22, vi è l’aumento del pedaggio imposto ai mezzi pesanti che in tal modo diminuirebbero del 20% senza bisogno della Tac, l’incremento del carico medio per ogni Tir; il potenziamento dei porti marittimi a sud. Quanto all’analisi costi-benefici le risorse non sono sufficienti sia a causa della crisi economica sia perché vi è una consolidata prassi di sottovalutazione dei costi di progetti come questo. E la Provincia di Trento non fa eccezione».

E infatti è esattamente ciò che è successo, e ciò che accadrà anche di più in futuro, al punto da far ritenere non realistici i costi finora preventivati per la costruzione della circonvallazione ferroviaria di Trento. «Bypass, costi lievitati per il caro materiali, Pnrr sotto la lente: a rischio il cantiere», titolava Il Corriere del Trentino il 20 marzo 2022.

Ad ora possiamo osservare come per quanto riguarda il tunnel di base del Brennero siano  lievitati sia i tempi di realizzazione dell’intera tratta che il suo costo:

«La Galleria è il cuore della nuova linea ferroviaria che collega Monaco a Verona ed è la parte centrale del corridoio TEN-T Scan-Med che va da Helsinki a La Valletta. L’UE la considera un progetto prioritario e lo finanzia fino al 50% dei costi. La restante metà è ripartita equamente tra Austria e Italia. Tuttavia, in un rapporto speciale, la Corte dei conti europea ha evidenziato un ritardo nel completamento della galleria di ben 12 anni. Nelle previsioni iniziali, il 2016 segnava la data di inaugurazione del tunnel. L’effettiva costruzione, invece, è iniziata solo nel 2015, con fine dei lavori posticipata al 2028 e aumento dei costi di almeno 2,5 miliardi, dai 6 previsti agli 8,5 dell’ultima stima, di cui 1,2 miliardi finanziati dell’UE. Nel 2020, a causa di un contenzioso con le imprese costruttrici, la BBT SE ha rimesso a gara due lotti sul lato austriaco. Ciò ha portato ad uno stop dei lavori, con un ulteriore slittamento del termine della costruzione del tunnel al 2032 e ad un ritocco del costo totale della Galleria ad almeno 10 miliardi di euro».

Inoltre il collegamento da Monaco al confine austriaco è ancora in fase di progettazione e non sarà completato fino al 2040. In Germania pare che la TAV/TAC non sia una priorità.

E siamo sicuri che toglierà davvero il traffico dalla A22?

Ad ora il progetto di Rete Ferroviaria Italiana prevede che dal Brennero passeranno nel 2032 64,1 milioni di tonnellate di merce sull’autostrada e 64,4 milioni di tonnellate sulla ferrovia. Come ha fatto notare in sede di dibattito pubblico Andrea Pugliese a nome di Legambiente Trento nel 2019 sono passate per il Brennero 39,9 milioni di tonnellate di merce sull’autostrada e 13,8 su ferrovia (si veda https://www.dpcirconvallazioneferroviariatrento.it/ allegato 4). Stiamo quindi parlando di un aumento che è difficile definire realistico e in ogni caso di uno scenario da incubo: il traffico in A22 quasi raddoppierà anche con la TAV/TAC!

Da questo dato crediamo si debba partire. Il problema di fondo qui non è se fare o non fare la «grande opera», ma quale modello di sviluppo intendiamo perseguire. Se si continua con quello attuale non basteranno tutte le ferrovie del mondo ad evitare di essere sommersi dai TIR e dall’inquinamento, ad evitare che la crisi climatica diventi sempre più drammatica.

Anche perché la crisi climatica è ora, non nel 2032 e quindi bisogna fare qualcosa ora, ma temiamo che non lo sia capito.

Il 18 ottobre 2021 il Partito Democratico Trentino scriveva:

«Il Partito democratico del Trentino da sempre sostiene la necessità, in particolare nell’arco alpino e, in esso, nel corridoio del Brennero, di un’azione di riequilibrio dei flussi di traffico a medio e lungo raggio dalla gomma alla rotaia, dall’autostrada alla ferrovia. Per queste ragioni il PDT si è sempre espresso a favore della galleria di base del Brennero e del potenziamento delle tratte di accesso, da Fortezza a Verona, in alternativa ad un ampliamento dell’autostrada, peraltro fisicamente insostenibile da Bolzano al Brennero. Per le stesse ragioni ha sempre sostenuto e condiviso l’uso di parte delle entrate dell’autostrada del Brennero per finanziare il potenziamento della ferrovia ed ottenere, in forza di questo obiettivo, il rinnovo della concessione». (https://www.partitodemocraticotrentino.it/articolo8273.html)

Dunque sono ben contenti di continuare a finanziare la ferrovia con l’autostrada, cioè a il traffico su gomma e il conseguente inquinamento del nostro territorio. 

Ma almeno aumentano i pedaggi autostradali? Assolutamente no!

Il 1 gennaio 2021 l’amministratore delegato dell’A22 Diego Cattoni ha annunciato trionfante che i pedaggi dell’autostrada sarebbero rimasti invariati:

«i nostri pedaggi, sia nella tratta di pianura, che in quella di montagna, sono tra i più bassi d’Italia. Qualitativamente tra i più alti d’Italia sono, invece, i servizi offerti alla clientela, a cominciare dal livello dell’infrastruttura, che viene continuamente manutentata e ammodernata». 

Questo, secondo Legambiente, causa il fenomeno del “Traffico deviato”, ovvero di TIR che non avrebbero nessuna necessità di passare  da qui ma lo fanno perché è più conveniente dal punto di vista economico. Del resto la Svizzera tassa il traffico pesante su gomma dal 2004, anche il Tirolo austriaco ha introdotto limiti al trasporto pesante. Da noi invece “venghino signori venghino ottima manutenzione autostradale e tariffe bassissime”. 

Oggi il 71% delle merci che transitano dal Brennero continuano a viaggiare su gomma e solo il 29% su rotaia, nonostante la ferrovia esistente sia sottoutilizzata. Nel dibattito pubblico in merito alla circonvallazione ferroviaria italiana è emerso che l’attuale ferrovia viene utilizzata al massimo trasportando 13,8 milioni di tonnellate nette a fronte di una capacità di 29 milioni di tonnellate (si veda https://www.dpcirconvallazioneferroviariatrento.it/ allegato 3).

Non si dovrebbe dunque passare gradualmente da gomma a rotaia cominciando da ora? Non si dovrebbe disincentivare al massimo da ora l’utilizzo dell’autostrada per il trasporto merci? Invece, il messaggio è «ok si continua a inquinare come sempre, sino all’ora X in cui sarà pronta la nostra nuova fantastica ferrovia e lì tutto per magia diventerà green». 

Non sarebbe il caso di dire: «ora vi imponiamo di trasportare le merci su rotaie fin da subito, finché non saturiamo la linea esistente»?

Crediamo che questo non venga posto per motivi tecnici, ma per la subordinazione a precisi interessi, per l’accettazione di un modello di sviluppo ormai fuori tempo massimo. Come ha scritto Questo Trentino nel 2018:

«l’incredibile frammentazione dei piccoli proprietari italiani non permette infatti una programmazione seria dei trasporti, così ognuno si arrangia come può: lavorare con le ferrovie è ritenuto una perdita di tempo, nel settore sembra non esista una coscienza collettiva capace di farsi carico anche dei problemi della salute dei cittadini». 

Insomma, conoscendo il padronato italiano è chiara una cosa: non metteranno le merci su rotaie finché non saranno costretti a farlo. Basta vedere come Fugatti e Zaia continuano ad insistere per un progetto autostradale folle come la Valdastico per capire che qui le cose non possono essere risolte semplicemente con nuove grandi opere (qualunque idea si abbia della loro utilità). Stiamo parlando di scelte politiche: o la salute e la sostenibilità ecologica o i profitti di quel settore del padronato più gretto e reazionario, abituato ad arricchirsi sfruttando e inquinando.

Il dibattito sul TAC/TAV in Trentino e opere connesse non può essere ridotto né ad una serie di “aspetti tecnici”. Qui c’è un problema di fondo che va oltre il dibattito sulla TAV/TAC: l’incompatibilità tra qualunque vera ipotesi di transizione ecologica e il capitalismo lasciato a sé stesso.

Per questo vorremmo ricordare a tutte le persone che si stanno mobilitando o prendendo posizione sul tema della circonvallazione ferroviaria, che siano schierate a favore o contro, una frase, nel «Manifesto di Ventotene», scritta da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, che dovrebbe essere cara allo stesso modo a riformistə e rivoluzionariə :

«le forze economiche non debbono dominare gli uomini, ma – come avviene per forze naturali – essere da loro sottomesse, guidate, controllate nel modo più razionale, affinché le grandi masse non ne siano vittime». 

Oggi sappiamo che oltre alle “grandi masse” umane dobbiamo tenere conto di tutte le forme di vita dell’ecosistema. Ma la sostanza non cambia, anzi risulta ancora più vera nella sua radicalità. 

Si è visto come l’approccio frettoloso, unidirezionale e meramente «tecnico» sia stato non solo superficiale e potenzialmente pericoloso riguardo alla qualità di vita e alla salute delle cittadinə di Trento, ma fallimentare rispetto agli stessi fini che si proponeva. Non ci pare quella la strada per progettare il futuro e ci auguriamo che chi si oppone alla circonvallazione ferroviaria e al TAV/TAC non imiti in forma ribaltata questo approccio. Non basta qualche dato tecnico a corredo di affermazioni più o meno di principio e di previsioni più o meno realistiche sul futuro di qui a trent’anni. La partecipazione popolare che si è destata crediamo possa indirizzarsi in una riflessione  approfondita e di ampio respiro, capace di immaginare un nuovo paradigma di sviluppo, di gestione, di società e di vita sul nostro territorio. E per prima cosa, ricordiamoci che qui ci viviamo noi, non Draghi, non Confindustria, non la Commissione Europea, qui viviamo noi e i tempi  delle decisioni dovremmo fissarli noi, attraverso lo svolgimento della libera discussione e della democrazia sostanziale, altrimenti cosa vuol dire «autonomia»?