Aggiornamenti sulla situazione dello sfratto: comunicato stampa del Centro sociale Bruno.
Un grossolano errore ha temporaneamente bloccato lo sfratto del Centro sociale Bruno.
La giudice Adriana De Tommaso ha, infatti, accolto le osservazioni dei nostri legali, l’avv. Stefania Franchini e l’avv. Nicola Canestrini: la disdetta inviata con una comunicazione via PEC nel 2018 riportava una particella edificiale diversa da quella che riguarda l’edificio di Piedicastello, che abbiamo autorecuperato dall’abbandono e fatto vivere in 10 anni di attività sociale, culturale e politica.
Nello specifico, tale inesattezza, mai rettificata in questi 5 anni dall’attuale c.d.a. di Patrimonio del Trentino, “integra grave motivo ostativo alla pronuncia di rilascio“.
Non possiamo che essere felici della pronuncia, che di fatto sospende lo sfratto e sposta la decisione in avanti, ad una nuova udienza fissata per il 17 aprile 2024.
Tuttavia, siamo altrettanto consapevoli che la minaccia è solo rimandata, non sventata. Perché la decisione del tribunale, al di là dei dettagli giuridici, che confermano le goffe difficoltà gestionali di Patrimonio del Trentino, non farà desistere la propaganda del presidente Villotti e del suo c.d.a, che hanno deciso politicamente di non prendere in considerazione nessuna delle proposte tecniche che sono emerse in questo periodo. Altro che urgenza di abbattere l’edificio! Non sono mai riusciti a rispondere con dati, previsione di spesa e cronogramma dei lavori previsti nell’area ex Italcementi perché non esistono: la ridicola scusa è che lo stabile dovrebbe essere abbattuto per far passare una stradina di accesso al parcheggio dell’area ex Italcementi.
Per questo la campagna “Bruno non si caccia” non si ferma né rallenta, anzi, userà i prossimi mesi per dispiegarsi e rafforzarsi.
Vogliamo prima di tutto ringraziare coloro che hanno preso parola nel difendere e valorizzare l’esperienza del Centro sociale Bruno.
Larga parte della società trentina ha compreso che la volontà di sfrattarci non nasce da una semplice decisione “amministrativa”, né che riguarda semplicemente il nostro spazio. Siamo in presenza di una prassi di governo che utilizza le strutture pubbliche, che dovrebbero essere messe al servizio di tutta la popolazione, per interessi di bottega, anzi per cercare di tenere insieme le litigiose fazioni che compongono la maggioranza, inventando continuamente nuovi “nemici” da trasformare in “problemi di ordine pubblico”. Una prassi di governo fatta di distribuzione clientelare delle risorse, taglio dei servizi e repressione.
Perciò siamo anche consapevoli del fatto che il Centro Sociale Bruno, così come tutti gli spazi fisici, associativi, sindacali e politici del trentino solidale e democratico, non si difenda stando divisi e ripiegati su se stessi e se stesse, ma ponendo invece proprio il problema di quale sarà il futuro del nostro territorio, dell’uso delle risorse comuni e delle loro modalità gestionali. Su questo pensiamo vada fatto un ragionamento collettivo che rilanci il concetto stesso di “autonomia”, intesa come insieme di regole entro cui garantire ad ogni settore della società di esistere e di autodeterminarsi, perseguendo l’eguaglianza delle possibilità e una democrazia radicale ed effettiva. Andare in questa direzione o in quella del privilegio di alcune consorterie e gruppi?
Ecco la questione politica di fondo che si cerca di nascondere dietro a scelte “amministrative”: la linea di frattura tra ipotesi di futuro radicalmente diverse è la stessa linea di frattura che il Centro Sociale Bruno continua a segnare con la sua presenza.