Sicurezza e Polizia: Il problema è il binomio

Quanto è avvenuto in città la scorsa settimana ci trova impegnate/i in una riflessione a proposito  dell’uso strumentale quanto scientifico e arrogante dei dispositivi di controllo poliziesco.

Ciò che è stato riportato dalla testata locale “il Dolomiti” e da molti utenti social, involontariamente protagonisti di quanto è successo, desta infatti numerose preoccupazioni:“Sono entrati in forze, si sono posizionati alcuni all’interno e altri all’esterno del locale e hanno proceduto a un controllo a tappeto su tutti i clienti chiedendo loro di non uscire e facendosi dare i documenti. Tutto per una buona causa, ”garantire la sicurezza dei cittadini”, spiega il questore Garramone”.

L’erede di Massimo d’Ambrosio (colui che appena giunto al pensionamento si era candidato, , in maniera del tutto fallimentare, con Fratelli d’Italia alle scorse elezioni), ha una concezione tutta particolare per quanto concerne la “garanzia della sicurezza dei cittadini”. Proviamo a conoscerlo meglio: dopo una lunga carriera dirigenziale presso il Ministero degli Interni, Garramone si ritrova questore di Modena. Qui balza alle cronache nazionali in quanto, dopo che 17 famiglie sgomberate dalle proprie abitazioni si sono recate presso gli uffici del comune per incontrare gli assessori competenti, ordina violentissime cariche in cui rimane gravemente ferita una ragazza di 14 anni (soccorsa tra l’altro con molti ritardi). Successivamente, a una domanda dei cronisti che lo interrogavano circa la modalità di gestione dell’ordine pubblico Garramone  replicava: “Carica eccessiva? A me non sembra proprio. Comunque non ho nulla da dichiarare”.

Ci scusino pertanto, lor signori, se la vostra divisa così sicuri non ci fa sentire.

Ancora più perplessi ci lasciano i criteri di selezione dei luoghi da controllare: non i bar più chic ed esclusivi del centro ma quelli di estrazione più popolare, quelli che fungono da luogo di ritrovo per studenti, lavoratori, appartenenti a classi sociali di certo non tra le più abbienti.

Ovviamente gli asfissianti controlli non hanno portato ad alcun risultato… ma esattamente che cosa cercavano i nostri eroi dediti alla salvaguardia del decoro e del buon sonno cittadino?

Di certo gli effetti e le conseguenze più pesanti le hanno subite gli esercenti: il massiccio dispiegamento di forze dell’ordine ha infatti disincentivato i possibili avventori a recarsi nei suddetti locali persino nei giorni successivi, provocando di fatto anche una sorta di stigmatizzazione nei loro confronti.

Anziché condannare, la classe politica applaude: “Piena fiducia nell’operato del questore.” dichiara la vicesindaca Franzoia “Effettivamente a Trento non siamo abituati ad operazioni di questo tipo ma siamo stati rassicurati e c’è stato spiegato che si è trattato di semplici controlli. D’altronde da tempo chiediamo tutti più sicurezza, più presenza sul territorio delle forze dell’ordine e anche in Comune abbiamo votato in questo senso. Il questore ha deciso di operare con queste modalità e ha il nostro sostegno”.

Controllo
Sorveglianza
Punizione

Riecheggiano automaticamente nelle nostre menti le parole d’ordine di Foucault.

Ci piace ricordare, parafrasandolo, un estratto del suo testo più famoso, “Sorvegliare e punire”: nello spazio in cui domina, il potere disciplinare manifesta la sua potenza essenzialmente “sistemando degli oggetti”. Chi è sottoposto al controllo è visto ma non vede, è oggetto di una informazione ma non è mai soggetto di una comunicazione.

Ritorna così l’angusta immagine del panopticon, costituito da tante gabbie ricolme di soggetti soli, perfettamente individualizzati e costantemente visibili. Il modello carcerario benthamiano trova infatti sempre più applicazione nella nostra società: la legge sulla sicurezza urbana di Minniti ha ben contribuito a spianarne la strada e il governo gialloverde ne rappresenta una strenua e affinata prosecuzione. Ne è la conferma la nuova direttiva del Ministro degli Interni, che fornisce nuovi poteri straordinari ai prefetti grazie ai quali avranno la possibilità di scavalcare ulteriormente i sindaci nella gestione della sicurezza e del decoro urbano e potranno disporre l’allontanamento delle persone dalle zone più frequentate della città. Certo, sulla carta, questa circolare serve per contrastare lo spaccio e i trafficanti, ma leggendo bene quando è applicabile questa nuova norma si capisce che copre un più ampio raggio di individui: “ogni qualvolta emerga la necessità di un’azione di sistematico disturbo di talune condotte delittuose che destano nella popolazione un crescente allarme sociale”.

La continua fabbricazione di corpi docili e controllati è nel pieno della sua attività e la catena di montaggio ha la pretesa di essere inarrestabile: le “furono soggettività” vengono rinchiuse in gabbie -più o meno percepibili- e chi le loro sbarre prova a forzare viene prontamente tacciato di violenza.

“Io ti  osservo” è il senso di queste operazioni.
So chi sei, so chi frequenti, conosco i tuoi valori e le tue convinzioni (ricordiamo che le forze dell’ordine hanno controllato anche i volantini e i manifesti appesi nei vari locali). Operazioni che servono nient’altro che a normalizzare il progressivo e invasivo incremento del controllo sociale attraverso il disciplinamento dei nostri corpi e la relativa accettazione dello stesso. Disciplina che se da un lato vuol poter dire insegnamento ed educazione, dall’altro significa punizione, castigo, autorità, frustrazione, e conseguentemente repressione.

Se questa è la normalità, se la vostra sicurezza equivale a intimidazioni e sradicamento di qualsiasi principio di socialità e aggregazione al di fuori dei meccanismi istituzionalizzati e sponsorizzati dalla città vetrina… allora noi le rifiutiamo. Allo stesso tempo rifiutiamo ogni tentativo di assoggettamento imposto dall’alto: il rifiuto, in nome della libertà, è il primo passo per trasformare il presente, immaginando e costruendo quello che potremmo e vorremmo essere.