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Combattere per tornare, lottare per rimanere. La pulizia etnica della Palestina a 30 anni dagli Accordi di Oslo
11 Ottobre 2023 @ 19:30 - 23:00
Combattere per tornare, lottare per rimanere. La pulizia etnica della Palestina a 30 anni da Oslo
Proiezione del documentario “Under demolition order: viaggio nella Palestina occupata” e dibattito con gli autori. A seguire, presentazione della campagna di solidarietà internazionale promossa da Ya Basta! Êdî bese! a sostegno del campo profughi di Dheisheh (Betlemme).
Rassegna “Buon compleanno, Centro Sociale Bruno! 17 anni di lotte e autogestione”
Il 13 settembre 1993, sul prato della Casa Bianca, il primo ministro israeliano Yitzhak Rabin e il presidente dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina Yasser Arafat firmarono gli accordi di Oslo che avrebbero dovuto, almeno sulla carta, avviare un processo per mettere la parola fine al conflitto tra israeliani e palestinesi.
Se la debolezza degli accordi, l’estremo disequilibrio tra le due parti, la questione irrisolta del diritto al ritorno dei profughi palestinesi sono apparsi chiari sin da subito, le vaghe promesse di Israele nell’impegnarsi a ritirarsi dai territori occupati e sostenere il processo di pace dopo trent’anni risultano definitivamente tradite. Le azioni dello stato ebraico, ancora prima dell’insediamento dell’estrema destra al governo, hanno dimostrato che quello in corso non è un conflitto tra due popoli o tra due religioni, bensì un’autentica impresa coloniale e Oslo ne è stato un indispensabile acceleratore.
Con l’Autorità Palestinese ridotta a mero fantoccio dell’Occupazione, dalla fine della seconda Intifada è stata avviata un’incessante campagna per seppellire definitivamente la questione palestinese, cercando di ridurre i residenti storici a una realtà demografica frammentata e politicamente irrilevante, incapace di rivendicare i propri diritti.
Accanto alla generazione che ha conosciuto la speranza di una possibile soluzione del conflitto, c’è l’altra – gli oltre due terzi della popolazione palestinese – che che alla firma degli Accordi non era ancora nata e per tutta la vita ha conosciuto solo l’occupazione militare e il soffocante governo sempre più autoritario dell’Autorità nazionale palestinese e di quello di Hamas a Gaza.
Eppure, tra chi si è rassegnato e chi è fuggito, ancora oggi rimane chi, per scelta o necessità, continua a resistere dalle città assediate e dai villaggi a rischio sgombero, unendo il proprio grido ai profughi della diaspora e dei campi che non hanno mai spesso di lottare per il diritto al ritorno in quelle terre strappate con la forza.
Programma:
Ore 19.30: Aperitivo con aperitivo e stuzzichini.
Ore 20.30: Proiezione di “Under demolition order: viaggio nella Palestina occupata” (regia di Giuseppe Raia) e dibattito con gli autori.
Il film presenta immagini e interviste di denuncia raccolte nel marzo 2023 quando tre attivisti reggiani si sono recati a Tuwani, nella regione di Masafer Yatta sulle colline a sud di Hebron, per un progetto di solidarietà con la comunità palestinese sotto attacco da parte dei coloni e dell’esercito israeliano, e a sostegno dei movimenti palestinesi di resistenza nonviolenta.
In quest’area l’occupazione israeliana ha distrutto scuole, costruite anche con il contributo della comunità internazionale e della stessa Unione Europea, presidi medici e altre infrastrutture, nel silenzio e nell’indifferenza di troppi.
Durante la permanenza a Tuwani il Collettivo FX ha realizzato un murale sulla facciata di un edificio “sotto ordine di demolizione” degli occupanti che vorrebbero cacciare centinaia di persone dall’area per trasformarla in un poligono di tiro, lasciando nel frattempo proliferare gli insediamenti illegali dei coloni, responsabili di violenze e danneggiamenti quotidiani a danno dei residenti.
A seguire: Presentazione della campagna di solidarietà internazionale promossa da Ya Basta! Êdî bese! a sostegno del campo profughi di Dheisheh (Betlemme).
A maggio 2022, la prima carovana di solidarietà organizzata in Palestina da Ya Basta! Êdî bese! e dei Centri Sociali del Nord Est (Qui il diario di viaggio se ve lo siete pers*:
http://www.globalproject.info/…/carovana-road…/community) ha avuto modo di intrecciare numerose realtà resistenti tra la Striscia di Gaza e la Cisgiordania. Una tappa fondamentale è stata il campo profughi di Dheisheh, fondato nel 1949 su un terreno di 0,31 km2 all’interno dei confini della municipalità di Betlemme. Costruito inizialmente come base di appoggio per 3.000 profughi interni provenienti da 79 villaggi palestinesi (oggi territorio israeliano), il numero di residenti a Dheisheh ha raggiunto circa 15.000 persone, secondo i dati dell’UNRWA, la maggior parte costretti a vivere al di sotto della soglia di povertà.
http://www.globalproject.info/…/carovana-road…/community) ha avuto modo di intrecciare numerose realtà resistenti tra la Striscia di Gaza e la Cisgiordania. Una tappa fondamentale è stata il campo profughi di Dheisheh, fondato nel 1949 su un terreno di 0,31 km2 all’interno dei confini della municipalità di Betlemme. Costruito inizialmente come base di appoggio per 3.000 profughi interni provenienti da 79 villaggi palestinesi (oggi territorio israeliano), il numero di residenti a Dheisheh ha raggiunto circa 15.000 persone, secondo i dati dell’UNRWA, la maggior parte costretti a vivere al di sotto della soglia di povertà.
Il campo si trova a 23 chilometri da Gerusalemme, inaccessibile per la maggior parte degli
abitanti palestinesi, cristiani e musulmani, a causa del muro di separazione costruito nel
2002. La frammentazione geografica e amministrativa isola intere famiglie e frammenta ulteriormente le comunità.
abitanti palestinesi, cristiani e musulmani, a causa del muro di separazione costruito nel
2002. La frammentazione geografica e amministrativa isola intere famiglie e frammenta ulteriormente le comunità.
Per molti anni, i residenti del campo hanno sofferto dell’isolamento con il mondo esterno, con ripercussioni sul piano psicologico e sociale, peggiorate ulteriormente con la chiusura del campo da parte delle autorità militari israeliane durante la Prima Intifada. L’esercito israeliano commette frequenti incursioni e arresti all’interno del campo, che coinvolgono anche bambini. Le Nazioni Unite hanno dichiarato il 2022 “come l’anno più letale per i palestinesi della Cisgiordania”. In un solo anno sono stati uccisi 209 palestinesi, tra cui 16 donne e 53 bambini. Nel 2023, questa cifra è stata superata a settembre.
Ya Basta! Êdî bese! ha deciso di raccogliere la sfida lanciata dal Comitato popolare del campo che prevede la riqualificazione dal basso di una ex clinica chiusa e abbandonata a causa dei tagli dell’Unrwa. L’edificio verrà autogestito dalle associazioni del campo, in particolare dalle organizzazioni femminili e per l’infanzia, con l’obiettivo di costruire un ponte con il mondo dell’attivismo e della solidarietà internazionalista italiano. Nei prossimi mesi una nuova carovana tornerà nel campo, lavorando fianco a fianco con le comunità locali, per trasformare questa sfida in realtà