La Net Neutrality americana è morta
La FCC (Federal Communications Commission) di Trump ha votato giovedì scorso, 14 dicembre, contro il piano regolatore stabilito nel 2015 (sempre dalla stessa agenzia) per la difesa della neutralità della rete.
Sotto il precedente piano regolatore i provider internet non potevano eseguire determinate pratiche, tra cui:
Bloccare. I provider non avevano la possibilità di discriminare i contenuti legali, ad esempio bloccando siti web o applicazioni, finché i contenuti erano legali.
Rallentare. I provider non potevano rallentare le trasmissioni di dati basandosi sulla natura del contenuto.
Prioritizzare a pagamento. I provider non potevano creare una linea più veloce per compagnie o clienti premium, e una linea più lenta per chi pagava meno.
Net Nutrality, cos’è?
La legge sulla Net Neutrality viene istituita nel 2015, durante l’amministrazione Obama, quando i Democratici controllavano la F.C.C.
Lo scopo era quello di adattare le normative in modo tale da riconoscere il ruolo essenziale dell’accesso ad Internet ad alta velocità come gateway della comunicazione, dell’informazione, dell’intrattenimento e delle opportunità economiche moderne.
Quindi la F.C.C. decise di regolamentare il servizio di banda larga, considerando Internet un servizio come la fornitura di elettricità.
Neanche a dirlo, le società di telecomunicazioni come AT&T e Comcast, si sono subito schierate contro questa decisione, sostenendo che un intervento così massiccio del governo avrebbe ridotto i loro incentivi a migliorare il servizio, portando quindi complessivamente ad un servizio peggiore per tutti.
Quali sono i rischi?
Non è difficile immaginare quaindi quali siano le implicazioni di questa votazione. Le società di telecomunicazione cominceranno a bloccare i servizi che possono provocarli un mancato guadagno, come ad esempio era successo dal 2007 al 2009, quando AT&T aveva cominciato a bloccare Skype e altri competitor VOIP sugli iPhone. Il provider voleva impedire agli utenti di usare applicazioni che permettessero di chiamare tramite Internet. O come nel 2012, la stessa società, impediva di usare l’applicazione FaceTime per le videochiamate, a meno di non sottoscrivere un piano più costoso.
AT&T non è stata la sola società che ha imposto blocchi o richiesto piani tariffari più costosi per fornire l’accesso a servizi Internet, prima della decisione della F.C.C. nel 2015 di mettere un freno a questi comportamenti; quì potete trovare una lista aggiornata.
La situazione in Europa
In Europa la Net Neutrality, che è entrata in vigore nel 2016, ancora resiste. Quindi Internet non è ancora perduto, ma si corre il rischio di riaprire il forte dibattito sul mantenimento di queste norme, visto che la decisione americana del 2015 (quella di proteggere la neutralità della rete) è stata fondamentale per l’Open Internet Regulation.
Secondo Antonio Nicita, commissario Agicom, inoltre “Abolire la net neutrality può avere un impatto negativo sull’innovazione se gli Isp privilegiano nel traffico solo le app con cui firmano contratti. Inoltre negli Stati Uniti c’è un tema di antitrust che in Europa non c’è, visto che due solo operatori, At&T e Verizon, hanno il 70 per cento della quota di mercato, e quindi teoricamente la decisione della Fcc può essere affrontata anche tramite un caso di antitrust”.
Trovare soluzioni
Questa svolta si rivela per quello che è, l’ennesima dimostrazione di un capitalismo arrogante che si identifica nelle grandi società di telecomunicazioni. Internet è sempre più svuotata di quella sua caratteristica di territorio neutrale dove, nel bene o nel male, tutti possono accedere alle informazioni presenti e crearne di nuove. Se i provider potranno bloccare a propria discrezione determinati siti, o applicazioni, se chiederanno di sottoscrivere un piano tariffario apposta per accedere ai social network, come succede in Portogallo, come potremo definire Internet un posto libero?
Diventa essenziale costruire meccanismi di contropotere che permettano un libero accesso all’informazione. Alla base di tutto ci deve essere un completo distacco dalle infrastrutture proprietarie delle grandi società a favore di reti libere, condivise, mantenute e implementate dalla comunità. La cosa si fa ancora più interessante se soggetti come Vice USA decidono di farsi promotori in prima persona di queste alternative.
In Italia alternative simili, reti comunitarie libere e senza scopo di lucro, esistono già. Il più grande esempio è Ninux, una community di reti wireless che si prefigge lo scopo di creare in Italia reti wireless libere, nel pieno spirito della condivisione del sapere e della sperimentazione.
Possiamo sperare che community di questo tipo riescano a trovare il loro spazio? Come possiamo agevolarne la crescita? Questi sono interrogativi cui è necessario quanto prima ragionare e trovare delle risposte. Di sicuro non possiamo delegare la libertà d’informazione a chi interessa solamente il profitto, dobbiamo essere noi stessi a garantirci la possibilità di comunicare senza limiti.