Si susseguono annunci da parte di stati e singole regioni di voler introdurre app per smartphone in grado di tenere traccia delle persone con le quali si viene in contatto per poi ricostruire una mappa di contagio in caso qualcuno risulti positivo al Covid.
Google e Apple hanno annunciato una collaborazione per sviluppare un sistema comune per tracciare i contatti tra smartphone Android e IPhone.
L’onda di soluzionismo tecnologico viene cavalcata anche in Italia, che ha scelto l’app “Immuni” come app ufficiale per tracciare i cittadini nella cosiddetta “fase 2”. Sono già stati sollevati da più parti interrogativi circa l’accordo stipulato tra l’azienda Bending Spoons, sviluppatrice dell’app Immuni, e lo Stato italiano in merito alla disponibilità dell’app e all’infrastruttura che verrà utilizzata, è lecito fare un’approfondita riflessione su come queste modalità di lotta al contagio possano impattare sulla società.
Privacy e fiducia
Quando parliamo di contact tracing oggi parliamo prevalentemente delle proposte di due consorzi: quella del DP-3T che è formato da un gruppo internazionale di ricercatori e accademici, e le due del PEPP-PT che è formato da diverse aziende (tra cui Bending Spoons stessa) e appoggiato da diversi stati membri dell’Unione Europea.
Entrambi i consorzi propongono dei sistemi di contact tracing che possano tutelare, chi più chi meno la privacy degli utenti. La privacy è la questione fondamentale in quanto è profondamente legata alla fiducia dei cittadini nell’affidare i propri dati a chi gestisce il servizio.
Il sistema decentralizzato proposto da DP-3T prevede che sia solo il singolo utente ad essere notificato in caso sia venuto a contatto con una persona dichiarata positiva al COVID-19. Questo permette di preservare l’anonimato degli utenti sia verso l’autorità che verso gli altri utenti.
Una proposta simile era stata formulata anche dal consorzio PEPP-PT, che però sembra ora essere misteriosamente scomparsa.
Esiste poi una proposta chiamata ROBERT che usa un sistema centralizzato al quale arrivano tutte le informazioni sui contatti e che poi permette di identificare le singole persone che sono potenzialmente state contagiate. A differenza del sistema decentralizzato, esso mette nelle mani di chi gestisce il sistema tutte le informazioni riguardanti i contatti tra le persone.
Se il modello centralizzato, avendo a disposizione una grande mole di dati, permette di fare analisi più complesse e interventi più puntuali per arginare in contagio, esso va a discapito di una forte forma di sorveglianza dei cittadini. Presuppone che i cittadini si fidino ciecamente delle finalità e modalità con cui l’autorità che gestisce il sistema e che il sistema in se sia protetto da abusi, aspetti previsti anche dalla normativa GDPR.
Il sistema decentralizzato invece presuppone che siano i singoli cittadini a rivolgersi alle autorità sanitarie in caso vengano notificati di un contatto con un contagiato, essendo loro gli unici a conoscenza del contatto a rischio.
I due modelli presuppongono quindi modalità radicalmente diverse nel rapporto coi cittadini: il modello centralizzato ricalca le modalità autoritarie applicate finora in molti Paesi tra cui l’Italia: lockdown con sorveglianza di droni, controllo sociale e stigma verso i runner “untori”.
Quello decentralizzato invece prevede una responsabilizzazione del singolo risultato positivo, dandogli uno strumento utile ad avvisare gli altri ma tutelando la sua identità.
Tornando all’app Immuni ci chiediamo quindi che modello e che dati raccoglierà e se davvero sarà utile ad contenere il contagio. Quello che sappiamo finora è che Bending Spoons, l’azienda dietro all’app, fa parte del consorzio PEPP-PT e supponiamo quindi che adotterà uno dei sistemi di tracciamento proposti.
Sappiamo anche che il codice dell’app sarà open source (con licenza MPL) e quindi revisionabile. Per avere un quandro più completo questo non è sufficiente in quanto non sappiamo come funziona e chi gestisce il server che si occuperà di mantenere l’elenco degli utenti positivi al COVID-19.
Di chi fidarsi?
È già stata sollevata da più parti una questione relativa all’efficacia di questa misura tecnologica per contenere la pandemia. Sembra infatti sia necessario che l’app venga usata da almeno il 60% della popolazione perchè possa essere efficace nel tenere traccia del virus.
Conte ha dichiarato che in Italia l’utilizzo dell’app “Immuni”, sarà volontario e non ci saranno limitazioni per chi decidesse di non usarla. Visto il tasso di adozione in paesi più digitalizzati come la Corea del Sud fermo al di sotto del 20%, ci si aspetta che in Italia difficilmente si possa arrivare al 60%.
L’adozione è condizionata dal beneficio percepito nel suo utilizzo e dalla fiducia verso chi fornisce il servizio nel consegnargli i propri dati personali è un punto fondamentale poichè influisce molto sulla libera scelta di utilizzare un app.
Dall’annuncio di Arcuri, il commissario straordinario per il potenziamento delle infrastrutture ospedaliere per fronteggiare l’emergenza COVID-19, dell’app Immuni, c’è stato una grande copertura mediatica ed alcuni politici hanno invocato che la cosa fosse approvata dal Parlamento. L’allarme è ben motivato in quanto esso potrebbe effettivamente diventare un sistema si sorveglianza di massa dei cittadini. L’assurdità di tutto questo è la sorveglianza dei cittadini non è una novità e già avviene da parecchi anni ormai ad opera delle big tech, prima fra tutti Google. Sembra quindi che i servizi offerti da applicazioni come Google Maps, Gmail o Google Docs siano sufficientemente utili per cedere all’essere sorvegliati, solo quando si tratta di contenimento del virus con lo stato come sorvegliante ci si rende conto di quanto può essere pericoloso per la nostra libertà.
E difatti Google non poteva tirarsi indietro in tutto questo. Dopo essere stati così generosi da fornire strumenti “gratuiti” per il telelavoro e la scuola a distanza ora, insieme ad Apple, ha dato il via ad un progetto per il contact tracing su tutti gli smartphone. Se l’installazione delle app di contact tracing come Immuni rimane a discrezione dell’utente, la posizione dominante nel mercato smartphone permette a Google a Apple di accedere agli smartphone delle persone con un semplice aggiornamento del sistema operativo Android e iOS.
L’adozione sarebbe quindi molto più ampia in quanto l’adesione non sarebbe più volontaria ma imposta dalle due grandi potenze tecnocapitaliste. Ci si ritrova quindi nella situazione per cui i due maggiori competitor nel campo smartphones non solo possono agire con modalità decise da loro senza interrogare gli stati e gli utenti finali, ma con una forma di controllo globale estremamente più efficace di un qualunque Stato.
Paradossalmente gli Stati avranno bisogno di rivolgersi a loro affinchè l’adozione raggiunga la soglia minima del 60%. E difatti anche su Immuni si sta già lavorando per renderlo compatibile col sistema Google/Apple.
Dopo aver sfruttato una crisi globale per insinuarsi ancora di più nelle società con Google Classroom e Hangout ora sono pronti ad offrire l’ennesima soluzione “gratuita” per il bene dell’umanità.
Quello che mancano di dire è che il contact tracing viene effettuato ormai già da anni. La sorveglianza di Google, Facebook e altre big della tecnologia che da anni raccolgono ogni genere di informazione ora sono gli stessi che propongono con innocenza un sistema di tracciamento che rispetta la privacy.
L’ennesimo tentativo di normalizzare una nuova forma di sorveglianza nel nome del profitto ci rende ancora più evidente la necessità di organizzarsi anche tecnologicamente con forme di autonomia che rispondano ai bisogni dell’intera collettività. Imporre limitazioni alla libertà personale e ai diritti in nome della sanità pubblica sta assottigliando sempre più i nostri spazi di confronto e aprendo la strada a forme di autoritarismo sempre più vicine alla logica del capitale.
Ma a chi serve tutto questo? A politici che foraggiano ancora di più i colossi tecnologici, che cercano o si illudono di rispondere a un’emergenza sanitaria con un’app e di nascodere sotto il tappeto anni di tagli alla sanità pubblica e di privatizzazioni scellerate. Senza un sistema sanitario pubblico accessibile a tutti, diffuso sul territorio e con adeguate risorse, il contact tracing si presterà solo ad essere abusato e non a portare beneficio alla collettività.
Per una visione più globale su tracking e contact tracing vi segnaliamo anche l’articolo di Giorgio Griziotti Covid and human tracking.