Non possiamo starcene in silenzio di fronte alle affermazioni del presidente del Muse..
“Quello che non sopporta il mondo femminile, non soltanto quello femminista, ma proprio tutta la realtà femminile – un po’ più, un po’ meno – è il cameratismo degli uomini” con queste parole il presidente del Muse Stefano Zecchi ha commentato in un articolo i circa 150 racconti e segnalazioni di molestie avvenute durante l’adunata degli alpini a Rimini. Per Zecchi “il cameratismo è un’iniziazione alla vita per i giovani” che a volte produce qualche “innocente apprezzamento alle forme di una donna”. Evidentemente al signor presidente del Muse, la più grande istituzione culturale trentina, sfugge il fatto che palpeggiamenti, catcalling e vere e proprie aggressioni di gruppo ai danni di CHIUNQUE si chiamano molestie.
Cose da femmine evidentemente per Zecchi, che i veri uomini possono bypassare con una sana identificazione esteriore in riti, atti e canzoni che il limitato mondo femminile “non può capire”.
Ma a questo punto siamo tutte e tutti noi che non possiamo capire come figure del genere possano ricoprire un ruolo direttivo in un’istituzione che si pone come riferimento culturale. L’assenza di remore con cui Zecchi esprime la propria misoginia e il proprio amore per quelle logiche da branco che chiama “cameratismo”, rimandano ad un più generale contesto di politiche culturali, quelle di un’amministrazione provinciale che ha messo al bando dalle scuole i corsi sul rispetto di genere e finanzia gruppi pro-vita antiabortisti.
Evidentemente è la misoginia da branco di camerati quella che vorrebbero “insegnare”.