Le misure di sostegno al reddito finora messe in campo dal Governo si sono rivelate del tutto insufficienti (le risorse sono terminate e pochi giorni fa l’INPS ha dichiarato il blocco delle erogazioni dal FIS, negando quindi il diritto ad un reddito di sopravvivenza a chi era ancora in attesa) e gravemente inadeguate, poichè non prendevano in considerazione la totalità dei contratti di lavoro esistenti, lasciando esclusi ad esempio gran parte dei lavoratori della cultura e dello spettacolo ed escludendo dal proprio perimetro di applicazione tutto il panorama precario dei lavoratori intermittenti, già gravemente colpiti dal lockdown ed impossibilitati ad accedere ad altre misure quali la cassa integrazione o NASpI, poichè formalmente ancora dipendenti ma senza uno stipendio.
Con il decreto del 13 maggio 2020 la situazione non è migliorata. Oltre a riconfermare le insufficienti ed inadeguate misure anzidette ed a introdurre alcune misure dirette esclusivamente alle PMI ed ai lavoratori dipendenti, il Governo ha istituito per il mese di maggio il REM (Reddito di Emergenza). Si tratta di un sostegno destinato ai nuclei familiari erogato dall’INPS in due quote, ciascuna pari ad €400, ma incompatibile con tutte le altre indennità già previste, con il reddito di cittadinanza e con un rapporto di lavoro dipendente la cui retribuzione lorda sia superiore a €800. È evidente che potrà accedere a questo sostegno solo una piccola parte della popolazione e, dati i motivi di esclusione ed i requisiti richiesti (residenza in Italia, reddito familiare nel mese di aprile inferiore a €800, ISEE inferiore ad €15.000), stiamo parlando di persone in difficoltà economiche molto serie: dare loro €800 (al massimo) significa fare l’elemosina.
È palese inoltre come l’impalcatura di sostegni al reddito creata dal governo sia totalmente inadatta ad affrontare sia l’emergenza attuale, sia le sue conseguenze che vedremo nei prossimi mesi, quando cominceranno i licenziamenti e finiranno i risparmi delle famiglie.
In questo panorama, assistiamo ad un inqualificabile immobilismo della Giunta provinciale, pronta a scalmanarsi in grandi proclami quando è il momento di parlare e completamente incapace ed incompetente quando è il momento di agire.
La situazione economica e sociale che stiamo vivendo non è dovuta unicamente all’emergenza sanitaria: è la diretta conseguenza di anni di distruzione del welfare e delle politiche sociali del Paese. È necessaria una radicale riforma del sistema, partendo dallo stanziamento di un Reddito di base incondizionato, per tutte e tutti, che garantisca la possibilità di un’esistenza libera e dignitosa.
Oggi 15 maggio in molte città italiane scendono in piazza le lavoratrici ed i lavoratori della cultura e dello spettacolo per rivendicare il loro diritto ad essere considerati dei lavoratori a tutti gli effetti, nonostante le diverse tipologie di contratti di lavoro (talvolta inusuali, talvolta ibridi, ma comunque sempre precari!) e di percepire un sostegno al reddito tale da permettere loro di continuare a svolgere le proprie professioni, fondamentali per lo sviluppo culturale ed economico del Paese. Non sappiamo quando potranno riaprire i musei, le gallerie d’arte, i teatri; non sappiamo quando potremo assistere di nuovo a un concerto dal vivo, ma temiamo che, mancando un supporto economico degno a queste persone, alla riapertura di questi luoghi non ci saranno più i lavoratori specializzati per farle funzionare e vivere al meglio.
Come Centro sociale Bruno riconosciamo la fondamentale importanza del settore della cultura e dello spettacolo e da sempre ci adoperiamo per dargli il miglior sviluppo possibile all’interno dei nostri spazi. Non possiamo quindi rimanere impassibili davanti ai rischi che la cultura corre in questo periodo. Siamo al fianco delle lavoratrici e dei lavoratori per richiedere diritti e dignità per tutte e tutti!