Come da tradizione la mattina del 25 aprile a Trento si è svolta la celebrazione della Festa della Liberazione. Un breve corteo si è snodato tra alcune vie del centro per poi concludersi presso il municipio. A sfilare l’amministrazione comunale di centrosinistra, le dirigenze (molto altro non è rimasto) di partiti, sindacati e associazionismo della «sinistra istituzionale», ANPI in testa al corteo come di consueto.
Quelle che però hanno maggiormente attirato l’attenzione della stampa sono state la presenza di un gruppo di richiedenti asilo e quella del deputato – e probabile candidato presidente della Provincia Autonoma di Trento per il centrodestra – Maurizio Fugatti della Lega Nord, accompagnato da un manipolo di eletti del suo partito. Tanto è bastato a certi organi di stampa «progressisti» per dar fiato alle trombe della riconciliazione nazionale e dei buoni sentimenti.
Pensate un po’: leghisti e migranti insieme! Addirittura nella stessa foto!
Dal nostro canto, preferiamo cercare di analizzare le motivazioni delle persone presenti a quella commemorazione piuttosto. Per la dirigenza della «sinistra istituzionale» si tratta di un dovere d’ufficio scontato. Assai più interessanti le motivazioni che devono aver spinto Fugatti e gli altri leghisti a presenziare alla cerimonia.
Le elezioni del 4 marzo hanno visto per la prima volta in Trentino una schiacciante vittoria del centrodestra a trazione leghista, ma la popolazione trentina rimane sostanzialmente moderata, o quantomeno assai lontana dal nazionalismo italiano e quindi dal fascismo esplicito per i motivi legati alla sua storia di terra di frontiera e ai vantaggi garantiti dall’autonomia. Di qui la necessità per Fugatti di ricordare con un gesto pubblico che lui in fondo è un esponente della Lega Nord “old school”, non un fedelissimo di Salvini e della sua svolta nazionalista. Questo gesto arriva quattro giorni dopo che Forza Nuova aveva espresso la speranza di un accordo con la Lega e a voler essere ottimisti lo si può vedere anche come una chiusura in quella direzione.
La presenza di Fugatti, cioè di uno di coloro che più hanno contribuito a diffondere in Trentino l’odio razzista contro i migranti che si è poi concretizzato in alcuni episodi, compresi alcuni incendi a residenze che dovevano accogliere dei richiedenti asilo, si è mostrata però anche quanto la celebrazione ufficiale del 25 aprile sia ormai a Trento forma con ben poca sostanza. Sia detto con tutto il rispetto possibile per le persone che vi hanno partecipato in buona fede, a cominciare dai migranti.
È necessario tuttavia mettere di fronte tutti coloro che vi partecipano ad almeno un minimo di sostanza: parlare solo di quanto accaduto 70 anni fa, mettersi sull’attenti davanti alle lapidi dei caduti mentre la fanfara militare suona è mera forma. Per avere un po’ di sostanza bisognerebbe si parlasse anche di razzismo, degli attentati incendiari contro i migranti, delle aggressioni contro gli antifascisti e magari anche dell’infamia dei lager in Libia voluti e finanziati dal governo italiano e di quella di chi vende armi ad un regime islamista e fascista come quello di Erdogan.
Ci mettiamo poi nei panni dei sinceri antifascisti e migranti che alla celebrazione istituzionale di ieri hanno partecipato per il naturale bisogno di riconoscersi in una comunità fondata su valori inderogabili. Si sono ritrovati tuttavia a sfilare al fianco di chi nega loro il diritto ad un’abitazione decente, di chi contribuisce a tenerli in un container da ormai due anni, di chi contribuisce a renderli bersaglio del razzismo implicito ed esplicito. Si sono ritrovati ad ascoltare parlare di democrazia e resistenza gli stessi che rilasciano ai picchiatori e agli accoltellatori fascisti il permesso di tenere banchetti e manifestazioni per le vie di Trento: davvero una macabra presa in giro.
Il corteo che abbiamo indetto il pomeriggio ha cercato di restituire alla giornata valore e significato, così deplorevolmente erosi dall’ipocrita commemorazione mattutina, in cui i partecipanti istituzionalizzati erano più impegnati a sventolare le proprie bandiere identitarie piuttosto che soffermarsi su contenuti.
Durante la conferenza stampa tenutasi ieri a Palazzo Geremia, con fare ingenuo e vittimistico, il primo cittadino ci viene a raccontare di quanto il linguaggio nazifascista sia presente oggi nel gergo quotidiano, sia esso istituzionale o meno, assieme a una lista di tecniche per contrastarlo.
Noi invece ad Andreatta chiediamo: ha avuto la stessa lungimiranza, pochi giorni fa, quando ha proposto ai capigruppo la modifica del regolamento di polizia urbana, introducendo di fatto il divieto assoluto di chiedere le elemosina (definito in maniera spregiativa “accattonaggio” da voi signori così attenti a non portare il Fascismo nelle parole)?
Ha avuto la stessa lungimiranza quando l’amministrazione comunale ha concesso ripetutamente e con nonchalance spazi pubblici a partiti e organizzazioni che rendono onore a Luca Traini? A chi nega oppure esalta -a seconda delle giornate- la Shoah? A chi fa del nazifascismo un programma politico auspicabile?
Noi non abbiamo alcuna intenzione di aspettare che voi vi svegliate dal vostro catatonismo politico.
Non lo facciamo perché c’è una Trento degna che non si piega alle barbarie.
C’è una Trento che dal basso, con i propri corpi difende la propria città dall’odio xenofobo e misogino.
C’è una Trento che sogna, c’è una Trento che ambisce, c’è una Trento che non si accontenta delle briciole.
I partigiani e le partigiane hanno dato la propria vita affinché potessimo continuare a sperare in un mondo dove l’umanità e la solidarietà potessero prevalere su odio, guerra e povertà, pertanto c’è una Trento che nel 2018 non offre preghiere e litanie bensì rabbia: una rabbia sempre più crescente contro chiunque voglia mettere di nuovo l’uomo contro l’uomo e contro chiunque lo permetta impassibile.
Lo abbiamo ribadito nel corteo di ieri pomeriggio e continueremo imperterriti a farlo tutti i giorni: il 25 aprile non è una ricorrenza.
Antifascisti sempre, tolleranti con razzisti e sessisti MAI!
Centro Sociale Bruno