Ci siamo prese qualche giorno per provare a scrivere una restituzione collettiva di quella che è stata l’assemblea pubblica di mercoledì 10 aprile. Più che un report sono appunti sparsi che però tracciano la direzione e ad alcune importanti tappe che sono emerse nel corso della serata.
Un’assemblea che, quanto nei numeri tanto nel calore degli interventi, probabilmente non ha eguali né nella storia del centro sociale, né tantomeno a livello cittadino. Non abbiamo problemi a dire che in tanti anni di assemblee e riunioni, mercoledì scorso si è toccato per Trento uno dei momenti più intensi ed emozionanti dell’ultimo decennio. Oltre 200 persone hanno letteralmente stipato lo stanzone principale del Bruno, molte altre sono state costrette a rimanere all’esterno della sala, vista la mancanza di posti disponibili. Già solo questo è un dato che ci gratifica enormemente perché è il risultato di un lavoro carsico di cooperazione e mutualismo che ci piacerebbe continuare a potenziare e rendere ancora più solido.
Un’assemblea, inoltre, vera e partecipata da una molteplicità di realtà sociali e singolarità che, nonostante le diversità, si sono riconosciute nella necessità di prendere posizione contro lo sfratto e, da subito, dirsi pronte a resistere contro l’attacco portato avanti al Centro Sociale. Per questo non possiamo che ringraziare tutti/e coloro che hanno deciso di prendere parola.
Il Bruno nei vari interventi è stato riconosciuto per la sua storia sia come luogo di produzione sociale, politica e culturale e sia come parte integrante di un pezzo di società in movimento. Ma in una città che alla socialità nei locali e nelle strade ha sempre risposto con ordinanze e coprifuoco, il Bruno è giustamente riconosciuto anche come un luogo di festa e di divertimento, dove poter essere liberi e libere di essere, dove poter fare tardi senza avere l’intervento della polizia che controlla i documenti.
Pertanto la scelta da parte della giunta provinciale di sfrattare il Bruno si può tranquillamente considerare come un altro esempio di come le attuali politiche fascio-leghiste vogliano colpire la libertà e il dissenso sociale presente nel corpo vivo della società. Per farlo ci sono vari modi: c’è quello “classico”, tramite l’uso della forza e dei manganelli, come è avvenuto il 22 marzo scorso dentro il palazzo della Provincia, che ricorre ogni qual volta il potere teme la contestazione; c’è poi quello “preventivo”, che si articola attraverso il costante restringimento degli spazi di libertà e di autorganizzazione. Di solito per utilizzare quest’ultimo metodo il potere cerca di distogliere l’attenzione inventandosi scuse e pretesti (es. pericolo droga, vicini che non dormono, non pagano le tasse ecc.), nel caso del Bruno la fake news è un’ipotetica riqualificazione dell’area ex Italcementi.
Nonostante siano state paventate molte ipotesi sulla possibile speculazione urbanistica, la verità è che non esiste alcun progetto sull’area, anzi dagli ultimi incontri tra comune e provincia emerge proprio come non ci sia nessuna ipotesi di utilizzo. In altre parole: nessuno, comprese le amministrazioni, hanno idea di cosa, come, quando e con quali soldi sarà costruito.
L’idea di governo del territorio tanto cara ai leghisti nostrani è un’idea autoritaria dove non ci può essere spazio per il dissenso e le voci critiche. Loro hanno vinto le elezioni e quindi possono decidere cosa è giusto e cosa è sbagliato, cosa ha diritto di esistere e cosa invece debba scomparire. Possono decidere che le esperienze diffuse e positive di accoglienza dei richiedenti asilo in appartemento siano cancellate e che si torni ai centri-ghetto; possono decidere che percorsi qualificati nelle scuole sulla parità di genere siano depennati e sostituiti con divise e codice penale; possono decidere che una nuova autostrada distrugga un intero altopiano e una vallata incantevole compensadoli con un casello autostradale.
In questo momento non è solo il Bruno sotto attacco, ma è in corso un tentativo di desertificare culturalmente e socialmente i luoghi della nostre vite. Contro questa offensiva sappiamo che lo sforzo nostro e di tutti dovrà essere quello di intrecciare i percorsi e le lotte.
Dall’assemblea di mercoledì scorso si è alzata, infine, una voce corale: tra legalità e giustizia noi scegliamo la seconda. Il Bruno non si caccia perchè non dobbiamo chiedere a nessuno il permesso per continuare ad esistere e continuare a produrre e trasformare la società in cui viviamo. Il centro sociale per noi è uno strumento di partenza per lottare contro lo sfruttamento e le ingiustizie sociali e per costruire e praticare un mondo diverso.
E’ per questo che da sabato 8 giugno saremo ancora qui, anzi inizierà la programmazione estiva del Bruno con un pranzo sociale aperto a chiunque voglia resistere insieme a noi.
Ma prima di questa data ci saranno due appuntamenti: il primo, il 25 aprile, con la mobilitazione nella giornata della Liberazione perché la vittoria sul nazifascismo non può essere una semplice ricorrenza e oggi vi è la necessità di liberarsi dal razzismo di stato e da una legge autoritaria come quella su sicurezza e immigrazione; il secondo, dal 29 maggio al 2 giugno, riguarda la 6° edizione dell’OltrEconomia Festival al parco S.Chiara di Trento, dal titolo “Terre di disobbedienza”: un festival di incontri, laboratori e socialità nel quale ci sarà anche un momento di confronto con altre esperienze di occupazione e riutilizzo di edifici abbandonati.
Se la mettano via i vari Fugatti, Bisesti, Cia e Moranduzzo: il grande striscione che è apparso sulla facciata del Bruno già preannuncia che questa storia non finirà. Dal 2006 siamo in movimento e lo saremo ancora per tanti anni!