“Sorvegliare e punire”. La giunta Fugatti contro gli inquilini Itea

L’11 novembre 2019 è stato presentato e, successivamente, approvato il disegno di legge n. 36/2019, con cui la giunta leghista ha inserito un nuovo requisito per l’accesso all’edilizia popolare. Con l’art. 14, rubricato “Modificazioni della legge provinciale 7 novembre 2005, n. 15, concernente “Disposizioni in materia di politica provinciale della casa e modificazioni della legge provinciale 13 novembre 1992, n. 21 (Disciplina degli interventi provinciali in materia di edilizia abitativa)”, si prevede infatti che il diritto ad avere un alloggio popolare sia condizionato all’“assenza da parte del richiedente e dei componenti del nucleo familiare, nei dieci anni precedenti la data di presentazione della domanda, di condanne definitive per i delitti non colposi per i quali la legge prevede la pena della reclusione non inferiore a cinque anni, nonché per i reati previsti dall’articolo 380, comma 2, del codice di procedura penale”.
Impedire l’accesso agli alloggi popolari a chi abbia riportato condanne definitive per reati non colposi negli ultimi dieci anni, come prevede la novità legislativa, significa ignorare deliberatamente tutto quanto previsto dall’art. 27 della nostra Carta costituzionale, il quale prevede non solo che “la responsabilità penale è personale”, sancendo un principio di fondamentale importanza per la civiltà giuridica di un Paese che non intende farsi additare come un residuato bellico del Ventennio fascista, ma anche che “le pene devono tendere alla rieducazione del condannato”, con ciò ponendo un duplice limite invalicabile alla pretesa punitiva dello Stato: da un lato, le pene devono avere lo scopo di reinserire il soggetto nella società e, dall’altro, una volta pagato il proprio conto con la Giustizia, nulla può più essere preteso. Tuttavia, per la Giunta leghista della Provincia autonoma di Trento le previsioni della Carta costituzionale, nata dalla resistenza antifascista, hanno un’importanza del tutto sacrificabile sull’altare del mantra securitario e discriminatorio che guida ogni mossa politica di questa nefasta amministrazione che ci è toccato in sorte di vedere alla guida del nostro territorio.
La nuova legge provinciale sull’accesso alle case popolari si pone in linea con le politiche adottate fino ad ora dalla Lega, inserendosi alla perfezione nel solco tracciato dalla sciagurata e discriminatoria previsione della necessità di 10 anni di residenza in Italia e 2 sul territorio trentino per poter accedere alle case popolari.
Da ultimo, ci si mette anche l’approvazione del nuovo “Regolamento delle Affittanze e la Carta a punti dell’Inquilino” che entrerà in vigore a partire dal 1 gennaio 2020 e con cui diventerà possibile soddisfare la smania securitaria e di controllo sociale che tanto è cara alla nostra (ahinoi) amministrazione provinciale.
Queste previsioni legislative, spacciate per “vittorie politiche” o “intenti di sensibilizzazione degli inquilini” (sic!), non sono altro che l’espressione della più bieca politica discriminatoria e securitaria di cui il Carroccio si riempie la bocca oramai da anni.
Lo strumento tramite cui realizzare questa operazione sarà la patente a punti per gli inquilini degli alloggi Itea, con tanto di schema riassuntivo delle condotte punibili e del conseguente decurtamento. Con questo provvedimento, infatti, il diritto a rimanere all’interno di un alloggio Itea viene subordinato alla stretta e religiosa osservanza di un insieme di regole che mirano, nell’ottica di chi l’ha partorita, a garantire il rispetto del comune lieto vivere e del decoro dei condomini.
La vita di questi ultimi dovrebbe essere controllata fino al punto di punire, con la minaccia di togliere il tetto da sopra alla testa, se ad esempio i bambini giocano sul verde condominiale, o se si consuma alcol, o se si intasa il gabinetto di casa o se si fa rumore nella fascia oraria compresa fra le 14 e le 16, etc. Comportamenti che in ogni altro contesto sarebbero al massimo il pretesto per una discussione fra vicini di casa, nelle case popolari di Trento diventeranno pretesti per irrogare una sanzione pesantissima: lo sfratto
Abbiamo già chiarito a più riprese la nostra posizione per quanto riguarda la crociata leghista contro il degrado, tradottasi con imbarazzante evidenza in una guerra senza quartiere a qualunque comportamento (rectius: a qualunque persona, perché di questo stiamo parlando) che non sia in linea con il dictat di “ordine e disciplina”. In questo calderone sono rientrati un po’ tutti: i senza fissa dimora colpiti dal daspo urbano perché considerati “indecorosi” per la città dei Mercatini di Natale, i richiedenti asilo a cui è stato tagliato ogni genere di servizio all’urlo di “Prima i trentini” e ora le persone che alloggiano nelle case popolari.
Togliere la casa a chi non si comporta come è stato prescritto, sanzionando situazioni perfettamente fisiologiche nella vita di ciascuno, non può che essere definito fascista. E non abbiamo alcuna remora a dirlo.
E come sempre il fascismo non è semplice “ignoranza” o “espressione di inspiegabile odio”, il fascismo è lo strumento tramite cui la parte più retriva e spietata dei benestanti persegue i propri interessi sulla pelle della povera gente. Il “Prima gli italiani” nasconde il “Prima i ricchi”. E infatti dopo aver colpito richiedenti asilo e migranti in genere è arrivato il momento di colpire tutti i meno abbienti nel loro insieme. Il giro di vite sulle case popolari si accompagna al fatto che per avere l’esenzione dell’addizionale Irpef bisognerà avere un reddito annuo fino 15.000 euro e non più fino a 20.000. Questo significa che 150.000 Trentini pagheranno 166 euro in più all’anno. Un altro attacco ai redditi medio-bassi.
Come Centro sociale Bruno non intendiamo rimanere indifferenti davanti allo smantellamento delle politiche sociali del nostro territorio.
 
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